GdL – Pensieri su… “L’arco e la farfalla” e incontro con Isabella Camera D’Afflitto

 
“L’arco e la farfalla” (Fazi Editore 2012) di Mohammed Al Achaari, a cura di Isabella Camera D’Afflitto. Proprio lei ha consigliato questo libro in una lista di quattro per il gruppo di lettura.

Il gruppo di lettura di cui faccio parte ha incontrato Isabella Camera D’Afflitto a Fara Sabina (RI) il 27 giugno scorso, durante un incontro aperto a tutti. Siamo rimasti ad ascoltare e a fare domande per tre ore. Già. Sono state dette davvero molte, molte cose sul mondo islamico e sulla lingua araba. 

Per esempio, ho scoperto che l’arabo classico, quello in cui è scritto il Corano, non è quello parlato: ogni nazione che ha come lingua l’arabo lo parla con il suo dialetto. Il più comune è quello egiziano, ricco anche di tante canzoni popolari. A scuola s’insegna l’arabo classico ma i temi si scrivono nei vari dialetti! L’arabo classico non si parla comunemente e i mezzi di comunicazione usano un arabo classico un po’ modificato, per esempio i giornali non scrivono le vocali: il problema è che, chi è di madrelingua araba le mette subito al loro posto, mentre uno straniero fa fatica a leggere. 

Ho scoperto che, per grandi linee, i Siriani sono seri, precisi e un po’ tristi, intimoriti dai governi che hanno avuto, e hanno un’ottima cucina; gli Egiziani sono allegri, danno pacche sulle spalle, conoscono una barzelletta su tutto e imitano la cucina siriana; gli Iracheni sono gli intellettuali del gruppo. C’è un detto: “I Siriani scrivono i libri, i Libanesi li vendono e gli Iracheni li leggono”. 

E poi è stato specificato che nel Corano si parla della Madonna con molto rispetto e che Gesù è nominato come profeta, mentre Maometto sarebbe solo un “inviato” di Dio, un “messo”. E pare anche che il Corano dica che le donne devono ereditare la metà di quello che spetterebbe loro, mentre gli uomini avrebbero diritto a tutta la loro parte: è questo avrebbe provocato la reazione delle femministe arabe. 

Insomma, si è parlato per tre ore! Dopo le prime due ore ci eravamo un po’ stancati e sono venuti in nostro soccorso aranciata, succo al pompelmo, patatine, biscotti salati e canestrelli, e cioccolatini al brandy! Sì, ci siamo trattati bene!

Io non avevo ancora finito di leggere il libro… l’ho terminato solo all’inizio di agosto… È pesante, almeno lo è stato per me.

Ed ecco le mie impressioni su “L’arco e la farfalla”.

Un padre e una madre, Youssef e Bahia, perdono il figlio che si rende responsabile di un attentato terroristico in Afghanistan. Ne escono ovviamente distrutti.

Libro scorrevole, scorrevolissimo all’inizio. Poi troppo frammentario e superficiale nel raccontante tante, troppe cose. Triste. Prima si racconta una cosa, poi all’improvviso un’altra. È lo stile dell’autore e può piacere o meno. A parlare in prima persona è il padre. Un uomo sempre indeciso e sempre infelice.

Anche la Doriano risulta poco scorrevole per un lettore italiano. Penso intanto che la traduzione dall’arabo non sia facile. A volte avrei trasformato le frasi in un modo più scorrevole, probabilmente totalmente diverso dall’originale, più vicino all’italiano che all’arabo. Esempio: “…mi si era insinuata un’idea riguardo ad Ahmad stesso”. Trovo più scorrevole: “…avevo un’idea che mi girava in testa proprio su Ahmad”.

Libro pieno di digressioni. A volte confuso: non si capisce se Youssef racconti di fatti accaduti davvero o meno, perché non ne è sicuro neanche lui.

Il protagonista, Youssef, giornalista e scrittore,  perde l’olfatto a causa della morte del figlio. Poi come niente fosse lo riacquista qualche capitolo dopo. Comincia anche a vedere il figlio morto e a parlarci in pubblico, con il risultato che lo si vede passeggiare e parlare da solo o stare seduto al ristorante aspettando una donna, Leila, e parlare da solo.

Ad un certo punto compare anche Saramago! Ennesima parentesi in un libro che racconta mille cose che non hanno niente a che vedere l’una con l’altra.

Man mano, dopo un inizio scorrevole, il libro è diventato pesante e una puntina noioso… Noiosa la parte che parla del terreno della moglie che prima sembrava una ricchezza, poi ha perso di valore, poi è stato espropriato da un’agenzia, poi bonificato e allora la moglie del protagonista lo rivoleva… 

E il figlio kamikaze aveva detto una volta alla madre che proprio in quella zona avrebbe voluto costruire un arco dorato irregolare per unire le due sponde del fiume Bou Regreg, tra Rabat e Salé.

Tra una digressione, un lungo pensiero e un nuovo tradimento del protagonista, ecco che lui si separa dalla moglie Bahia. Motivo: lui non vuole avere altri figli. E lei allora decide di risposarsi con il costruttore e amico di famiglia Ahmad Majd! E il marito? Si chiede se questa storia andasse avanti già da un po’, considerato che tra i due c’era stato un flirt prima che lei si sposasse con lui. Proprio il marito parla? Lui che la tradiva con un’amica di famiglia, Fatima, e con Leila?

Ahmad e Bahia avranno una bambina, e lei vorrebbe che l’ex marito le volesse bene e la considerasse la sua bambina.

Non ho capito la trama del libro: è una serie di sequenze di avvenimenti e di pensieri. Si segue il protagonista per un tratto della sua vita sconclusionata.

Belli i riferimenti architettonici, soprattutto il capitolo in cui Al Firsioui, padre di Youssef, porta il lettore in giro per le rovine di Walili, in una vera e propria visita turistica.

Diotima, moglie di Al Firsioui, cerca un libro che suo nonno, un Tedesco, aveva seppellito tra quelle rovine. Al Firsioui lo trova e lo fa pubblicare in Germania nascondendo tra quelle poesie anche le sue. Ma non dice di aver ritrovato il manoscritto, né ne rende nota la pubblicazione. Il figlio lo scopre.

Forse Al Firsioui ha ucciso sua moglie o forse lei si è sparata. Lui nega di averla uccisa.

Non capisco il protagonista, Youssef, diviso tra due donne: Fatima, con la quale non ha ufficialmente una relazione ma con cui l’ha avuta e che sente molto spesso; e Leila, con la quale non sa dire a Fatima se viva una vera storia d’amore, mentre dice a Leila di non poter rinunciare a Fatima. Leila è gelosa di Fatima: ovvio. Lui chiede a Fatima di andare a Cuba insieme. Lei rifiuta. Lui una sera la bacia sulle labbra. Leila non lo sa e ha paura che abbiano passato la notte insieme ma non è così. Leila gli dice di amarlo.

Due gay innamorati: uno muore, era sposato e aveva due figli, gemelli. Il suo amante, Ibrahim Al Khayyati, sposa la vedova dell’altro. I figli cominciano a sospettare del passato dei genitori. Poi Al Khayyati viene accusato dell’omicidio di uno dei due: Osam. I gemelli facevano parte di una rock band accusata di avere legami con satana, come era successo ad altre.

Troppe storie, non c’è un filo conduttore: siamo solo spettatori di strane vite altrui.

Cos’è la farfalla? La forma di un’enorme palazzo costruito a Marrakech da Ahmad Majd, ora marito della ex moglie del protagonista. Forse lui aveva anche una seconda moglie, la sua segretaria particolare che spesso viaggiava con lui. Durante una festa in quell’edificio, spunta la statua di Bacco che Al Firsioui aveva detto di aver seppellito nel giardino di una moschea. Poi la statua sparisce di nuovo.

Il protagonista adotta una bambina con Leila ma non dicono a nessuno che è figlia loro e continuano a vivere in due appartamenti diversi anche se si trasferiscono nello stesso palazzo.

Youssef parte per Madrid per andare da Fatima. Leila è furiosa. Lui non capisce perché ma la ama, non vuole perderla e corre da lei. Fatima singhiozza all’aeroporto.

Al ritorno, sul volo, un uomo parla al protagonista di suo figlio Yassine. Poi gli dà appuntamento per farlo parlare con un amico di Yassine. Leila intanto rifiuta Youssef. Lui pranza con Bahia, gravemente malata, e Ahmad Majd. Bahia gli confida che Ibrahim vuole parlargli di una cosa importante che riguarda Yassine. Lui va all’appuntamento con l’uomo dell’aereo e il suo amico ma non trova nessuno. Leila gli intima di raggiungerla. Passano la notte insieme. Lui le racconta la storia quando riceve una telefonata dall’uomo dell’aereo e fissano un nuovo appuntamento. Lei gli consiglia di chiamare la polizia. Lui non lo fa. Non arriva nessuno all’appuntamento, poi Youssef comincia a seguire un uomo sospetto che potrebbe avere una cintura esplosiva sotto la blusa. Lo perde e lo ritrova, crede di vedere anche Yassine, tutto è confuso. Poi ritrova l’uomo, lo vede pregare con le scarpe, come se fosse in guerra. Sono vicini a una cisterna. Pensa di abbracciarlo e spingerlo verso la cisterna ma fa appena in tempo a vedere il suo viso e riconoscerlo, prima dell’esplosione: è Osam.

Che legame c’era tra Yassine e Osam, se c’era? Cosa aveva da dire Ibrahim su Yassine?

Qualche accenno alla corruzione in Marocco. All’inizio e alla fine qualche soffio di parole sul terrorismo. 

Questa lettura lascia nervosismo e interrogativi. Ho fatto molta fatica a terminarlo.

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