Pensieri su… “Elissa e altri racconti”

 Uscito nel 2013 ,”Elissa e altri racconti” (Youcanprint Self – Publishing) di Franca Adelaide Amico si trova sia in cartaceo che in e-book. Io l’ho letto in versione e-book.

Il titolo mi ha subito incuriosita, in fondo il nome Elissa somiglia moltissimo al mio. Credevo di trovarmi davanti una serie di racconti fini a se stessi ma mi sbagliavo: è molto di più.

C’è qualche errore di battitura e gli anni potevano essere scritti a numeri, per essere letti più agevolmente. Ma la scrittura è molto scorrevole. Spesso profonda.

La prima parte s’intitola “Elissa”.

Il primo racconto, “Il pellegrino”, narra a grandi passi il cammino di Rumi, che attraversa tutti i punti cardinali per arrivare al sud. In ogni momento c’è un cambiamento, una novità, una prova da affrontare e un aiuto per andare avanti. Si incontrano spesso frasi che fanno riflettere e simbolismi. Un po’ come nel libro “La principessa che credeva nelle favole” di Marcia Grad Powers. Anche questa sembra una favola ma in realtà è un percorso interiore in cui si esprime la voglia che ogni essere umano ha e deve avere di evolversi, di migliorarsi, sempre. 

Leggere questo libro è come nuotare in un mare caldo e calmo, guardandosi intorno e scoprendo nel paesaggio sempre nuovi dettagli.

Mi è piaciuto molto quando dice: “Si vide bambino mentre piangeva con i pugni chiusi premuti sugli occhi quasi che il costringersi a non vedere avrebbe lenito il dolore. Ma, allora, non sapeva che il dolore era dentro e che, comunque, è meglio affrontarlo ad occhi aperti”. È davvero così. Almeno, lo è per me: le cose vanno affrontate guardandole in faccia.

Segue “Elexel”: in una torre della città di Elemar viene custodito il Sacro Graal. In passato veniva tenuto nascosto ma al tempo di questa storia si era deciso di mostrarlo alla gente, perché potesse credere. Elexel è un uomo semplice e umile che ogni mattina è stato incaricato di spolverare niente di meno che il Sacro Graal: una coppa di legno grezzo che per lui è esattamente questo e non ha segreti. Il custode del Graal, Kabu, pensa invece che questa coppa di segreti ne abbia e cerca di spiegarli al mondo. Un giorno uno dei suoi sette discepoli si allontana dal gruppo, perché sente di non aver compreso la verità e le ragioni della sua esistenza. Si ritrova a parlare con Elexel e lo definisce un “vero maestro”. Dopo quel breve incontro vorrebbe fermare i pensieri che gli si affollano in testa e allora decide di scrivere: era ora di restituire quello che aveva imparato. Capisce che c’è bisogno di una sola cosa: di avere cuore. E un giorno sarebbe tornato tra i discepoli-combattenti.

Il terzo racconto è “Elissa”, una donna che esce da un amore difficile e dal lutto che ha portato alla perdita dell’uomo che amava, e che si era rifatto una vita dopo che si erano lasciati. Una donna che, mentre l’autunno sta per arrivare, si addormenta avendo capito che doveva andare avanti.

Poi si passa ad “Altri racconti”. Tutti introspettivi. In “Pezzi” si legge che la fantasia “si accenna nella mente a sottili strati pronti a farsi scalfire e sfogliare come fossero sottili lamine d’oro”. “La penna che segue disperatamente il pensiero, che riproduce sul foglio quella sottile lamina d’oro, così sottile che temi di spezzarla già al primo tentativo di separarla dalle altre… Però ci provo lo stesso”.

“La scrittura, insomma, è un mistero che si svela attraverso la lettura”. Però bisogna rileggere quello che abbiamo scritto dopo molto tempo, per meglio comprenderlo. “Lo scrittore non dovrebbe mai leggersi mentre si sente impegnato nell’atto dello scrivere. Piuttosto, se ne sente impellente il bisogno, è meglio che legga ad altri ciò che ha scritto”. E poi conclude: “La scrittura, insomma, vive di contatti, di scambi, è una vanitosa che ama specchiarsi per farsi ancora più bella, che non ha altro senso se non quello di comunicare e, nell’atto comunicativo, quello di riconoscere la sua identità, la sua esclusiva unicità”.

Non concordo in pieno. Quello che la scrittrice afferma è vero in parte, a mio avviso: la scrittura serve anche da sfogo, per meglio comprendere qualcosa che è accaduto o che pensiamo, e mettendolo sulla carta di nostro pugno riusciamo a mettere in ordine i pensieri e a capire e a capirci meglio. Spesso mi capita di comprendere qualcosa che scrivo durante uno sfogo, perché in quel momento ho bisogno di scriverlo. Poi lo rileggo e non mi ci ritrovo più, quasi non lo capisco più. Il momento è passato e non lo ritrovo, non lo sento più come il mio presente. Magari, come afferma la scrittrice, a distanza di tempo potrei ritrovarlo. Anche se il vero momento in cui sentivo di capire davvero quelle parole era mentre le scrivevo e subito dopo, in quello stesso stato d’animo. Punti di vista.

Poi arrivano le “Storie inventate di personaggi reali”. Questa parte, in particolare “Il nero e l’oro”, che parla di un mondo antico quasi reale, mi ha fatto pensare a “Gli abitanti di Dublino” di James Joyce.

L’ultima parte è “…E per finire… Un racconto scritto da me 37 anni fa”. È la tristissima storia di Eusina, “una povera pazza”, ma in fondo solo una persona che desiderava “libertà, amore e comprensione”. E l’autrice fa dire al protagonista: “desidero che la gente ami e comprenda le creature come Eusina, quelle stesse creature che, pur essendo il termometro della crudeltà umana, sanno dare forse di più di quanto siamo capaci di dare noi, presunti sani”. Concordo.

Un libro che comincia con racconti surreali e prosegue con storie realistiche, che descrive cammini interiori e in cui si trovano parole che scaldano il cuore.

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