Appunti sul giornalismo in Europa

Il relatore l’ha definita una chiacchierata informale, così ci ha sconsigliato di farci un articolo e io mi sono risparmiata di fare foto. Però, qualche appunto l’ho preso e, informalmente, vi lascio di seguito qualche spunto di riflessione.

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  • Bruxelles, sede della Commissione Europea, è la capitale col maggior numero di giornalisti accreditati, buona parte tedeschi (circa 120 su 1000), vista la grande importanza dei giornali regionali dei Länder; Mediaset non ha un corrispondente fisso;
  • C’è stata una perdita netta dei corrispondenti classici, una riduzione dell’organico ma non del flusso d’informazione, perché i nuovi media hanno sopperito; ci sono conferenze in web streaming;
  • Ci sono free lance con una clientela esclusivamente on line; alcuni blog acquisiscono un’importanza notevole;
  • Hanno una specializzazione diversa;
  • Lo scoop del giorno dopo non esiste più, il web chiede tutto subito, non hai la mezza giornata in più per scrivere;
  • I tempi di analisi si riducono, c’è una banalizzazione della notizia; la notizia web: titolo e qualche dettaglio;
  • L’onda anomala sta arrivando: in un paio d’anni avremo un giornalista europeo on line con clienti diversi;
  • In Italia c’è un’ottica nazionale ombelicale: viene fatta a fette la storia per parlare solo dell’angolo italiano; l’Europa serve solo nella maniera in cui viene italianizzata;
  • Si sa dell’Europa quando c’è uno scontro, non quando c’è una proposta;
  • Con i nuovi media nasce il problema deontologico: ognuno diventa attore con blog, Facebook e Twitter ed è quasi impossibile regolamentare; sarà necessario rivedere vincoli, criteri e responsabilità;
  • Il blog di un giornalista rientra in una zona grigia;
  • I social media sono usati da giornalisti e politici; spesso i social bypassano le agenzie di stampa, che a questo punto chiedono i dettagli che ad esempio su Twitter non possono andare;
  • Twitter ha un impatto di stile simile a quello delle agenzie di stampa;
  • Il medium, il canale si trasforma in proprietario del messaggio istituzionale nelle mani di un privato come Twitter, è questo lo tsunami, e ha una pubblicizzazione enorme, con migliaia di followers;
  • Si riconosce così l’orientamento pubblico su un dato tema, magari sulle elezioni in corso;
  • All’ufficio che si occupa di comunicazione a Bruxelles ci sono poche persone, a fronte di un migliaio di giornalisti;
  • La comunicazione sta subendo cambiamenti non sempre prevedibili; dovremmo immaginare il nostro futuro nella comunicazione con mezzi informatici superiori a quelli odierni;
  • Qual è l’accesso alla comunicazione consentito? Qual è quello non consentito?
  • L’Unione Europea comunica male, perché per sua natura è un’istituzione che ha acquisito natura politica nel tempo: era una stanza con sei ministri che cercavano di comporre le esigenze nazionali, andati incontro a complessità esponenziali, si è ingigantita in un brevissimo periodo di tempo;
  • Per problemi comuni, devono trovare soluzioni accettabili da tutti; le tematiche hanno un’ottica che non permette di analizzare solo l’angolo nazionale;
  • Può diventare più vicina ai cittadini ma c’è una barriera linguistica e una barriera video;
  • I tabloid britannici sono il nemico numero uno dell’Unione Europea;
  • I media scandinavi o tedeschi hanno un’attenzione capillare, il punto di vista è “l’Europa siamo”;
  • L’approccio dell’Italia è “l’Europa è”; ce ne occupiamo se fa qualcosa che non ci piace o può essere utile;
  • Crozza: “L’Europa ci obbliga”;
  • Serve uno sforzo maggiore per formare giornalisti a livello europeo; non posso scrivere di Europa se non so.