Minestra alla turca

Nuova ricetta del Ratatouille romano!



Per tre persone

Facile

Tempo di preparazione esclusa macerazione: un’ora circa

 

Ingredienti:

Latte di capra250 ml

Prezzemolo tritatodue cucchiai

Salvia10 foglie intere

Fette di pan bauletto integrale2

Mozzarella a pezzettia piacere

ovvero Gorgonzola dolcea piacere

Pasta corta250g

Saledue prese

Zuccheroun cucchiaio

Parmigiano grattugiatouna presa per piatto

 

Preparazione:

In una ciotola capiente non metallica versare il latte. Aggiungere il prezzemolo, le foglie di salvia tenute insieme a mazzetto con spago alimentare, le fette di pan bauletto integrale ridotte a molliche grossolane, la mozzarella o la gorgonzola (a seconda dei gusti) tagliate a pezzetti.

Lasciare il tutto a macerare per tre ore avendo cura di mescolare di tanto in tanto con una palettina di legno.

A tempo debito cuocere la pasta salando come di consueto.

Quando la pasta sarà a metà della cottura aggiungere due prese di sale e lo zucchero nella ciotola continuando a mescolare.

A cottura completata scolare la pasta e aggiungerla subito nella ciotola mescolando delicatamente a mulinello (la pasta deve rilasciare interamente il calore nel composto col latte).

Togliere il mazzetto di salvia e continuare a mescolare per cinque minuti.

Servire con un mestolo riscaldato sotto acqua caldissima.

A piatto ultimato spolverizzare con una presa di parmigiano grattugiato.

Il piatto è servito!

Scrittura liquida



Come sapete, sto scrivendo un saggio sull’importanza della scrittura liquida. È un argomento che mi sta particolarmente a cuore e sul quale recentemente ho potuto intervistare per la Radio Vaticana Claudio Garibaldi, grafologo e collaboratore dell’Istituto grafologico internazionale “Moretti” di Urbino, che si sta occupando di una campagna per tutelare la scrittura a mano.
Ho ricevuto su questo sito un commento al post “Saggio sulla scrittura a mano” firmato Daniela Mennichelli, e credo di non sbagliare riconoscendola come consulente grafologa anche lei collaboratrice dell’Istituto “Moretti”. Di seguito, riporto parte del commento: 

“Complimenti! Scrivere a mano è un diritto umano inviolabile, una competenza artigianale che fa di noi quello che siamo in primis, ESSERI UMANI. Grazie per tenere accesi i riflettori su questo tema fondamentale, la battaglia delle battaglie combattuta a suon di carta, penna e mano, materiali poveri e semplici che danzando insieme tengono svegli i nostri cuori, le nostri menti, le nostre coscienze e i nostri corpi”.

Inutile dirlo, è un argomento che mi sta particolarmente a cuore. Sto finendo di lavorare al mio saggio sulla scrittura liquida. Intanto sto seguendo la campagna che tutela la scrittura a mano. Vi terrò aggiornati! 

GdL – “Ritorno ad Haifa”, “Lettera a un ostaggio” e “Il mercante d’ali”

Come anticipato, il nuovo tema scelto per il Gruppo di Lettura di cui faccio parte è l’Islam. È stata proposta la lettura di “Ritorno ad Haifa” di Ghassan Kanafani, a cura di Isabella Camera d’Afflitto. Ora aspetto che questo nuovo amico di carta arrivi!

Nell’ultimo incontro si è parlato del libro “Édith. Mia sorella” avendo come sottofondo per un po’ le sue canzoni. 

Una ragazza ha mostrato un suo notevole disegno a tempera bianca su foglio nero che raffigurava la cantante parigina. È bello come possiamo lasciarci ispirare in mille modi e stavolta un libro e la musica hanno dato vita a un disegno!

Di nuovo un componente del gruppo, lo stesso della volta scorsa, ci ha fatto un piccolo dono, stavolta si tratta di due scritti: uno è “Il mercante d’ali” di Jacques Taravant, l’altro è la “Lettera a un ostaggio” di Antoine de Saint-Exupéry. Da leggere sicuramente.



GdL – Pensieri su… “Édith. Mia sorella”



Libro scorrevole, si legge come bere un bicchiere d’acqua. Una storia incredibile, quasi irreale, e forse a tratti lo è, nel senso che il racconto è mediato dalla percezione della sorellastra di Édith Piaf. Neanche questo è certo: Simone Berteaut afferma di avere lo stesso padre di Édith ma, considerando soprattutto la promiscuità dei personaggi, non credo possa essere notizia certa. 

 Per essere precisi, nel dorso del libro, è soltanto nel dorso, il titolo è scritto così: “Édith. Mia sorella”. Io avrei usato la virgola. All’interno del libro, dopo il nome si va a capo, senza punteggiatura ed è scritto in stampatello. L’accento sulle maiuscole in francese si può omettere ma qui è utilizzato.

 Da bambina Édith Piaf era cieca: aveva problemi di cataratta. 

 Cominciò cantando per strada, prima ogni tanto con suo padre, poi con la sorellastra Simone, detta Momone. 

 S’innamorava con la stessa facilità con cui si beve un bicchiere d’acqua quando si ha molta sete e pare che lei avesse sempre molta sete… 

 Spendeva sempre tutto quello che guadagnava: lei e la sorellastra non avevano mai messo un soldo da parte. Vivevano alla giornata. Vivevano insieme, in albergo. Solo quando la Piaf divenne famosa, e non subito, comprò una casa.

 Beveva molto. Anche se Momone afferma che bevevano solo per fare le buffone. Édith aveva bisogno di innamorarsi, uscire e divertirsi con altre persone. Amava la notte. 

 Aveva carenze nella lingua, leggeva con difficoltà e a malapena scriveva, non conosceva le buone maniere. Ha dovuto impegnarsi molto per recuperare le sue lacune. 

 Sembra quasi di conoscerla attraverso questo libro, di essere lì con lei. Ma tutto è visto attraverso lo sguardo di Simone. 

 Passò da Édith la monella a Édith Piaf!
La sorellastra, che aveva sempre vissuto con lei, cominciò ad incontrarla ogni tanto e a guardarla da lontano: Édith conviveva con un uomo, Raymond Asso, che aveva avuto fiducia nelle sue doti e le aveva insegnato tanto, dal parlare alle buone maniere; mentre Simone, dopo che Édith aveva cominciato la convivenza, aveva un marito e faceva fatica a seguire Édith e il suo mondo. Ma cercava lo stesso di starle dietro, anche se si sentiva messa da parte: Édith le disse di assistere alle prove per l’ABC in disparte, per non farsi vedere da Raymond. Poi Édith cambiò uomo e tornarono a vivere insieme. 

 Édith ebbe tanti uomini, trovava il successivo prima di sbarazzarsi di quello che aveva in casa. Perché, di solito, li faceva alloggiare a casa sua. E Momone viveva con loro. Soltanto anni dopo, scegliendo uomini molto più giovani, si vide abbandonare da loro.

 Di Jean Cocteau solo qualche accenno: per lei e Paul Meurisse scrisse l’opera in un atto “Il bell’indifferente”, ispirata proprio ai due protagonisti. Édith viveva con Paul. Cocteau morì mentre in radio leggeva il necrologio di Édith. I funerali furono celebrati per entrambi lo stesso giorno.

 Più che un libro che parla di famiglia, è una storia di eccessi, povertà, amori e successi. Io la definirei più una storia di amicizia, quella tra Édith e Momone. Due donne contro tutto. La famiglia non è certo al centro della storia. Non sapevano neanche cosa fosse. Si vede che era mancata loro la guida dei genitori.

E poi si parla dell’occupazione di Parigi durante la Seconda Guerra Mondiale. Édith amava i soldati e fece di tutto per aiutarli.

Si faceva intenerire da storie tristi e regalava soldi a destra e a manca. La povertà non le aveva insegnato a risparmiare. Amava fare regali, in particolare ai suoi uomini. 

 Momone la definiva una pettegola ma la considerava una grande. Io ci ho letto una puntina d’invidia qua e là: è dura vivere all’ombra di Édith Piaf. 

 Non conosceva neanche il solfeggio… E le girava in testa “La vie en rose”! La scrisse per un’altra e la cantò solo due anni dopo! 

 Édith Piaf era un’egoista: voleva vicino uomini che credo non amasse, anche se diceva di sì, fino a quando non si stancava; e allora, prima di lasciare fidanzato del momento, se ne cercava un altro. Di solito andava così. Oppure erano solo storielle brevi. Teneva Simone come se fosse la sua dama di compagnia: se l’uomo di turno la sopportava, poteva abitare con loro, altrimenti no. E la lasciava al suo destino. Non si è mai preoccupata della vita di Simone. Quando vivevano insieme e si allontanava qualche giorno, reclamava la sua dama di compagnia, ma se non voleva tenerla con sé non si faceva problemi a lasciarla sola. Ma attenzione, questo è quello che si evince dagli scritti di Simone.

 Ad un certo punto, Simone fa parlare Édith, rivolta a lei: “Tu sei la mia memoria. Allora fai attenzione. Non dimenticare nulla”. Un po’ come se la sorellastra l’avesse legittimata a diventare la sua biografa. Ma la Piaf si è scritta da sola la sua autobiografia. Per essere obiettiva, dovrei leggerla e vedere quante cose collimano con quello che scrive Simone, poi cercare la verità nella via di mezzo.

 Il periodo americano ha diviso le sue presunte sorellastre, anche perché l’uomo di turno, uno dei Compagnons, non ce la voleva da quando erano in Francia. Poi Édith torna, Simone chiama il suo albergo, e la cantante le chiede di andare da lei. Pensava di essere stata abbandonata e invece la Piaf parlava della sorellina al suo nuovo uomo. Prima di rincontrarla, Simone scrive: “È poi io avevo paura, perché non sempre i nostri incontri finivano bene”. Le presenta Marcel Cerdan, un pugile già sposato, che a Casablanca aveva avuto una liaison con Simone: non le dissero mai niente, dicevano che Édith era come una bambina.

 Ma come faceva Simone a farsi trattare così? Quando Édith stava con il pugile, ad esempio, era lei che accompagnava la cantante alle sue esibizioni fino alle tre e poi si svegliava alle otto per preparare il succo di frutta a Cerdan e accompagnarlo negli allenamenti! E precedentemente, sorvegliava e doveva seguire Yves Montand! E Édith non le dava mai soldi, diceva che avrebbe combinato guai, ma le metteva i soldi in un libretto di risparmio. A Cerdan Simone faceva pena e ogni tanto le allungava qualche soldo. Pensiero: non sarà che Édith non desse soldi a Momone per non perderla e che la sorellastra accettasse tutto da Édith per i benefici che ne traeva? Alla fine, non le faceva mancare niente,  la portò anche in America e al tavolo della allora principessa Elisabetta d’Inghilterra! 

 Non ci credo! Prima del campionato mondiale a cui avrebbe preso parte Cerdan, Édith aveva paura che lo avvelenassero, allora faceva mangiare prima a Simone metà di quello che era destinato a lui! Ma è assurdo! Che bene voleva Édith alla sua presunta sorella? Nessuno! E Simone, che rispetto aveva per se stessa? Nessuno! E Cerdan, come poteva permettere questa assurdità? Mah…

Dopo un brutto incidente, cominciò con le iniezioni di morfina e ne divenne dipendente. Poi cominciò ad usare l’alcol come surrogato della droga. Poi ancora la droga, contro il dolore: reumatismi e cancro, costole rotte.

Poi leggo: “I giornalisti fanno il loro mestiere di sciacalli”. Fatemi capire, se scrivono una bella recensione, non vengono commentati, se scrivono una notizia negativa o, come in questo caso, seguono una cantante malata che potrebbe crollare da un momento all’altro, sono sciacalli! Danno semplicemente la notizia, bella o brutta che sia!

Toccante l’addio tra le sorelle (o presunte tali); la sensazione è però che le persone che aveva intorno Édith non si rendessero conto dell’importanza di Momone nella sua vita: forse perché lei stessa gliene dava poca? Anche se poi era contenta di vederla.

Mi è piaciuta soprattutto la prima parte, quando erano ragazze e Simone aveva notizie fresche sulla vita di Édith, non di seconda mano, perché dopo che Simone ebbe un figlio, andò a vivere da sola; poi anche Édith si sposò, per due volte. Buona la seconda, con Théo Sarapo. Lui era l’uomo che aveva aspettato tutta la vita, Cerdan l’unico che amò. Sul letto di morte, Édith rimproverò a Simone di averla piantata. Ma quante volte lo aveva fatto lei a Simone?

Ne esce un’Édith generosa ma viziata, lunatica, con assurde pretese verso chi la circondava. Però la sua bravura faceva in modo che tutti le perdonassero tutto. Mi è risultata antipatica. Ma sulla scena era Édith Piaf.

Conosco poche sue canzoni: adesso sono curiosa! Mia madre è una sua fan, ha una raccolta con due cd: mi farò una cultura!

   

…ma un caffè?

Ho visto un post su facebook che parlava ironicamente di un nuovo modo per interfacciarsi: è in 3D e ci si può parlare. Si chiama “prendere un caffè insieme”.
Così, riflettevo… E riflettendo ho ripensato a quando una persona, incontrandomi pochi giorni prima di Capodanno, mi ha detto: “Gli auguri non te li faccio adesso, tanto ci sentiamo su facebook!”. Potrebbe sembrare una cosa normale, qualcosa su cui passare sopra, ma non lo è. Per questa persona, fare gli auguri di buon anno su un social network la sera del 31 dicembre o il primo gennaio era meglio che incontrarsi per caso di persona qualche giorno prima di Capodanno e abbracciarsi facendosi gli auguri. Cos’è meglio? Scrivere su una bacheca virtuale a mezzanotte o dire a voce “buon anno” a un’amica che per un caso fortuito abbiamo incontrato a fine anno? A volte penso veramente che stiamo perdendo il senso delle cose…