Pensieri su… “L’alba dei papaveri”

Non solo ho ricevuto un bel libro di poesie ma anche una dedica scritta dall’autrice Adua Biagioli Spadi all’interno; e non solo la dedica nel libro ma anche una lettera dell’autrice! Insomma, più che una sorpresa!

“L’alba dei papaveri – Poesie d’amore e identità” è uscito a giugno 2015, edito da La Vita Felice.

La copertina celeste, un celeste opaco, tenue, sembra dica: “Sfogliami!”. Anche l’immagine di copertina, discretamente sistemata a lato, mi ha subito colpita: davvero un bel quadro con i papaveri, e davanti in foto due mani che sembrano volerli prendere. Mi sono stupita nel vedere che non solo il libro ma anche il quadro è opera di Adua Biagioli Spadi! Bravissima!

A volte scopriamo dei piccoli tesori pubblicati da editori minori e scritti da autori poco conosciuti, che però si fanno largo nella nostra libreria, nel nostro cuore e nell’anima, restando per sempre parte di noi. E questo libro è uno di questi. 

Nella prefazione di Ilaria Minghetti si legge: “La vita è concepita come un’avventura magica, preziosa, unica, nella quale il mistero è stupore, la speranza è sostegno vitale”.

Una concezione della vita che si sviluppa tra il 2007 e il 2014, periodo durante il quale la poetessa parla a se stessa e agli altri scrivendo questa raccolta. Ed eccola osservare il passato con gli occhi del presente, per comprenderlo meglio e comprendere meglio se stessi.

Poetessa e pittrice: uno splendido binomio! La prima poesia s’intitola “Rosso” e la seconda, “La Pietà”, è un omaggio a Michelangelo Buonarroti. Perché un artista è un artista: quando dipinge non fa solo il pittore e quando scrive non si comporta solo da scrittore! E questo compenetrarsi di diverse arti mi fa capire che Adua sia un’artista, una che l’arte in diverse forme ce l’ha dentro.

Non ci conosciamo personalmente ma un bel giorno ho ricevuto una sua richiesta di amicizia su Facebook. E così ho conosciuto il suo libro e il suo mondo.

Mi ha colpita l’inizio di “Nel silenzio”: “Nel silenzio che mi sta dentro, / in quello sospeso dell’aria ferma / dimorano i sogni / come punti di arrivo mai toccati”.

Difficile entrare in ogni frase di queste poesie che all’attrice rimandano un passato preciso ma che il lettore, all’oscuro di quel passato, non riesce a vedere o a immaginare. Se ne avverte solo il sentore, perdendosi nei propri ricordi e in quello che le parole ci suggeriscono, ritrovandolo nella nostra storia personale.

Una poesia molto ricercata, raffinata, che sembra andare sempre più in alto ad ogni parola. E ad ogni nuova poesia ricomincia la scalata.

Leggendo, mi sentivo come se stessi mordendo una mela verde: ad ogni morso un suono croccante, un sapore aspro e poi dolce di ricordi difficili e temperati.

Bella “Pagina bianca”, soprattutto quando dice: “Assomigli quasi al mondo / inventata per i pensieri, / invisibile mappa senza confini”.

Ho apprezzato molto anche “Un inverno”.

Bellissima la sua idea di speranza, nell’omonima poesia: “Punto giallo al cento del nero”. L’anima della pittrice riemerge spesso e sempre a proposito, lasciando un tocco di colore all’immaginazione.

Queste poesie sono un mix di visioni e di ricordi. Poesie personalissime realizzate come quadri di Picasso, doni della poetessa a chi le vuole percepire. Non una realtà tangibile ma intima nella quale l’autrice vorrebbe trasferirsi. È come luce attraverso un prisma.

Nella poesia “La mia casa” scrive: “Mi piace guardare la mia casa / avvolta nella sera” e poi “Come il ragno scoperto / la paura fugge via”. Perché è così, la paura svanisce quando si è casa, scompare davanti alla sensazione di casa.

Sembra di vedere il paesaggio descritto in “Un altro mondo”, che racconta di qualcuno che sa di un mondo innevato, “quando la neve impalpabile / diventa bellissima, / pallida accende d’incanto / i boschi fantastici”

Ho apprezzato particolarmente “Oltre (omaggio all’amicizia)”. Da leggere.

Sono 69 poesie. I temi sono vari. Molto tenero che le ultime due poesie siano dedicate al padre e alla madre della poetessa.

Salsicce di fegato con pancotto

  

Buonissimo! Grazie al Ratatouille romano per questa gustosissima ricetta!


Tempo: 45

Per tre persone

Facile

 

Ingredienti:

Salsicce di fegato3

Ventresca3 pezzi come indicato.

 

Pane2 fette di un filone casareccio

Olio E.V.O.Q.b.

Brodo con carota, sedano, cipolla 300 ml circa

Parmigiano grattugiatoCome indicato.

SaleQ.b.

 

Preparazione:

Pelare con il pelapatate una carota non molto grande; toglierne le estremità e tagliarle a cerchietti dello spessore di un centimetro circa.

Pulire un gambo di sedano e spezzettarlo.

Ridurre a pezzettoni una cipolla media.

Riempire un tegame con 300 ml circa di acqua e aggiungere i pezzi di carota, sedano e cipolla.

Cuocere a fuoco vivace, aggiustando di sale, finché non saranno tutti ammorbiditi.

Nel frattempo prendere tre salsicce e tagliarle in lungo senza rompere la pelle esterna da un lato. Aprire le salsicce e inserire pezzi di ventresca proporzionati alla lunghezza e alla larghezza delle salsicce.

Richiudere a panino le salsicce fermando al loro interno la ventresca con spago alimentare.

Tagliare due fette di filoncino di pane casareccio dello spessore di un centimetro e mezzo circa.

Da queste ricavare dei cubetti di un centimetro e messo circa di lato.

Mettere in forno i cubetti a 250 gradi finché non si coloriscano e diventino croccanti.

Quando le verdure del brodo saranno ammorbidite tritarle in un passapatate/pomodori (ovvero sminuzzarle anche con una mezzaluna), riporle in una ciotola che non sia metallica e amalgamarle aggiungendo un po’ d’olio e.v.o. che le lucidi. Se piace si può aggiungere mezzo cucchiaio di parmigiano grattugiato ottenendo una crema saporita.

In una padella convenientemente grande far sciogliere una noce di burro e inserire le salsicce muovendole spesso finché inizieranno a perdere il loro grasso naturale.

Con un mestolo aggiungere un po’ di brodo favorendo la normale cottura anche della ventresca che rilascerà i suoi aromi.

Aggiungere i cubetti di pane e lasciare cuocere ancora per un quarto d’ora.

Se il brodo si è troppo consumato, aggiungerne altro badando che il pane si inumidisca senza perdere del tutto la sua croccantezza.

 

Il piatto:

Porre un terzo della crema di verdure in mezzo al piatto (bianco). Mettere una salsiccia al centro sulla crema di verdure. Aggiungere la giusta proporzione di cubetti di pane attorno alla salsiccia. Aggiungere sughetto dalla padella di cottura sui cubetti. Versare olio e.v.o. sulla salsiccia, quanto basta.

 

Per la verdura di contorno andrà bene un purè di patate guarnito con qualche pezzo delle infiorescenze di un broccolo debitamente sbollentate in acqua salata, passate in padella con olio e.v.o., uno spicchio d’aglio e spruzzate con succo di limone. Naturalmente servito in un piattino a parte.

Viola su carta – Saggio sulla scrittura a mano e non solo

 
È finalmente uscito il libro di cui vi avevo parlato: “Viola su carta – Saggio sulla scrittura a mano e non solo”! Ringrazio di cuore Iride Conficoni e Claudio Garibaldi per il loro prezioso contributo e i consigli. E un grazie anche a Daniela Mennichelli per aver apprezzato questo viaggio nella scrittura a mano e non solo.

Un viaggio nella bellezza della scrittura a mano e nella scrittura intesa come processo creativo. Un testo innovativo, tra il diario personale e il saggio, passando attraverso l’amore per la scrittura a mano, che purtroppo sta perdendo terreno nel confronto con tablet, smartphone e computer, e invece è una ricchezza; ma anche un diario che esprime in maniera profonda l’amore per la scrittura, intesa come mezzo per esprimersi e dare voce all’immaginazione. Interessante e precisa l’analisi grafologica della grafia dell’autrice da parte della grafologa Iride Conficoni, che ha curato anche la prefazione.

Maggiori informazioni http://m.arduinosaccoeditore.eu/products/viola-su-carta
 

Perché un Francese? – Je suis Paris

Perché tra quelli che hanno compiuto gli attentati del 13 novembre c’era anche un cittadino francese?

Uno dei seminari che ho seguito quest’anno è diventato tristemente attuale. Era a febbraio di quest’anno, a Roma, con il titolo: “Siamo tutti Charlie? Libertà di stampa e dialogo fra culture dopo il 7 gennaio 2015”. Ci avevo già scritto un post ma riportando soltanto l’intervento di Eric Joszef, inviato di “Libération”. E dopo l’attacco terroristico nella sede del giornale satirico “Charlie Hebdo”, gli ultimi terribili eventi accaduti il 13 novembre scorso a Parigi e poi un ospite in un talk show che si chiede: “Ma com’è possibile che tra i terroristi che hanno compiuto questi attentati ci siano anche cittadini francesi a tutti gli effetti, nati e cresciuti in Francia?”. Così ho ripensato a quello che era stato detto proprio in quel seminario.

A tirare fuori l’argomento era stato Andrea Spreafico, dell’Università Roma Tre. Vi lascio di seguito gli appunti che avevo preso:

  • Disoccupazione di massa;
  • Risultati scolastici meno brillanti – scuole professionali, lavori che non faranno scalare la società – succede nelle periferie di Parigi – scuole meno qualificanti;
  • Aspettative frustrate;
  • Ghettizzazione a Parigi: solo immigrati e discendenti – Magreb e Africa subsahariana – chi abita lì è etichettato come pericoloso – discriminazione sul lavoro;
  • L’esclusione spaziale aumenta il sentimento di emarginazione;
  • Non hanno rappresentanza o sbocco politico ;
  • Non c’è un efficiente ascolto dei bisogni degli abitanti;
  • Non partecipano alle attività delle moschee frequentate dai genitori;
  • Non c’è un’unica comunità musulmana francese – frammentazione;
  • Giovani: aspettative standard da consumatori occidentali ma non riescono a realizzarle;
  • Carcere: detenuti musulmani in numero maggiore, lì incontri con altri radicalizzati;
  • Ruolo dell’Islam: cercare lì una forma di recupero o una forma di reazione, ma è l’Islam modellato su proprie esigenze;
  • Non tanto motivo ispiratore;
  • I riferimenti avrebbero potuto essere altri: ad esempio, in Sudamerica gang di strada e narcotraffico;
  • Odio verso la società che li ha emarginati;
  • Su siti jihadisti vengono proposte fama e ricchezza;
  • Si parla spesso di rigenerazione attraverso un ritorno nella terra storica.

Ora, non voglio assolutamente alludere al fatto che la Francia sia in parte causa di questi attentati, né giustificare in alcun modo il terrorismo; ma forse, per combatterlo, si potrebbe partire anche da qui.

Pensieri su… “Elissa e altri racconti”

 Uscito nel 2013 ,”Elissa e altri racconti” (Youcanprint Self – Publishing) di Franca Adelaide Amico si trova sia in cartaceo che in e-book. Io l’ho letto in versione e-book.

Il titolo mi ha subito incuriosita, in fondo il nome Elissa somiglia moltissimo al mio. Credevo di trovarmi davanti una serie di racconti fini a se stessi ma mi sbagliavo: è molto di più.

C’è qualche errore di battitura e gli anni potevano essere scritti a numeri, per essere letti più agevolmente. Ma la scrittura è molto scorrevole. Spesso profonda.

La prima parte s’intitola “Elissa”.

Il primo racconto, “Il pellegrino”, narra a grandi passi il cammino di Rumi, che attraversa tutti i punti cardinali per arrivare al sud. In ogni momento c’è un cambiamento, una novità, una prova da affrontare e un aiuto per andare avanti. Si incontrano spesso frasi che fanno riflettere e simbolismi. Un po’ come nel libro “La principessa che credeva nelle favole” di Marcia Grad Powers. Anche questa sembra una favola ma in realtà è un percorso interiore in cui si esprime la voglia che ogni essere umano ha e deve avere di evolversi, di migliorarsi, sempre. 

Leggere questo libro è come nuotare in un mare caldo e calmo, guardandosi intorno e scoprendo nel paesaggio sempre nuovi dettagli.

Mi è piaciuto molto quando dice: “Si vide bambino mentre piangeva con i pugni chiusi premuti sugli occhi quasi che il costringersi a non vedere avrebbe lenito il dolore. Ma, allora, non sapeva che il dolore era dentro e che, comunque, è meglio affrontarlo ad occhi aperti”. È davvero così. Almeno, lo è per me: le cose vanno affrontate guardandole in faccia.

Segue “Elexel”: in una torre della città di Elemar viene custodito il Sacro Graal. In passato veniva tenuto nascosto ma al tempo di questa storia si era deciso di mostrarlo alla gente, perché potesse credere. Elexel è un uomo semplice e umile che ogni mattina è stato incaricato di spolverare niente di meno che il Sacro Graal: una coppa di legno grezzo che per lui è esattamente questo e non ha segreti. Il custode del Graal, Kabu, pensa invece che questa coppa di segreti ne abbia e cerca di spiegarli al mondo. Un giorno uno dei suoi sette discepoli si allontana dal gruppo, perché sente di non aver compreso la verità e le ragioni della sua esistenza. Si ritrova a parlare con Elexel e lo definisce un “vero maestro”. Dopo quel breve incontro vorrebbe fermare i pensieri che gli si affollano in testa e allora decide di scrivere: era ora di restituire quello che aveva imparato. Capisce che c’è bisogno di una sola cosa: di avere cuore. E un giorno sarebbe tornato tra i discepoli-combattenti.

Il terzo racconto è “Elissa”, una donna che esce da un amore difficile e dal lutto che ha portato alla perdita dell’uomo che amava, e che si era rifatto una vita dopo che si erano lasciati. Una donna che, mentre l’autunno sta per arrivare, si addormenta avendo capito che doveva andare avanti.

Poi si passa ad “Altri racconti”. Tutti introspettivi. In “Pezzi” si legge che la fantasia “si accenna nella mente a sottili strati pronti a farsi scalfire e sfogliare come fossero sottili lamine d’oro”. “La penna che segue disperatamente il pensiero, che riproduce sul foglio quella sottile lamina d’oro, così sottile che temi di spezzarla già al primo tentativo di separarla dalle altre… Però ci provo lo stesso”.

“La scrittura, insomma, è un mistero che si svela attraverso la lettura”. Però bisogna rileggere quello che abbiamo scritto dopo molto tempo, per meglio comprenderlo. “Lo scrittore non dovrebbe mai leggersi mentre si sente impegnato nell’atto dello scrivere. Piuttosto, se ne sente impellente il bisogno, è meglio che legga ad altri ciò che ha scritto”. E poi conclude: “La scrittura, insomma, vive di contatti, di scambi, è una vanitosa che ama specchiarsi per farsi ancora più bella, che non ha altro senso se non quello di comunicare e, nell’atto comunicativo, quello di riconoscere la sua identità, la sua esclusiva unicità”.

Non concordo in pieno. Quello che la scrittrice afferma è vero in parte, a mio avviso: la scrittura serve anche da sfogo, per meglio comprendere qualcosa che è accaduto o che pensiamo, e mettendolo sulla carta di nostro pugno riusciamo a mettere in ordine i pensieri e a capire e a capirci meglio. Spesso mi capita di comprendere qualcosa che scrivo durante uno sfogo, perché in quel momento ho bisogno di scriverlo. Poi lo rileggo e non mi ci ritrovo più, quasi non lo capisco più. Il momento è passato e non lo ritrovo, non lo sento più come il mio presente. Magari, come afferma la scrittrice, a distanza di tempo potrei ritrovarlo. Anche se il vero momento in cui sentivo di capire davvero quelle parole era mentre le scrivevo e subito dopo, in quello stesso stato d’animo. Punti di vista.

Poi arrivano le “Storie inventate di personaggi reali”. Questa parte, in particolare “Il nero e l’oro”, che parla di un mondo antico quasi reale, mi ha fatto pensare a “Gli abitanti di Dublino” di James Joyce.

L’ultima parte è “…E per finire… Un racconto scritto da me 37 anni fa”. È la tristissima storia di Eusina, “una povera pazza”, ma in fondo solo una persona che desiderava “libertà, amore e comprensione”. E l’autrice fa dire al protagonista: “desidero che la gente ami e comprenda le creature come Eusina, quelle stesse creature che, pur essendo il termometro della crudeltà umana, sanno dare forse di più di quanto siamo capaci di dare noi, presunti sani”. Concordo.

Un libro che comincia con racconti surreali e prosegue con storie realistiche, che descrive cammini interiori e in cui si trovano parole che scaldano il cuore.