Fegato impanato

 
Grazie al nostro Ratatouille romano che oggi ci delizia con un altro piatto da leccarsi i baffi!

Per quattro persone

Tempo di macerazione: cinque ore

Tempi di preparazione: 1 ora e mezza

Difficoltà: media


Ingredienti:

Quattro fette di fegato

Quattro fettine di pancetta

Due bicchieri di vino bianco

Olio E.V.O. q.b.

Farina q.b.

Pane grattato q.b.

Succo di mezzo limone

Origano q.b.

Prezzemolo q.b.

Sale

Preparazione:

Lavare bene le fette di fegato in modo da eliminare quanto più sangue possibile.

In una ciotola di ceramica porre a macerare le fette di fegato, il vino e il succo del mezzo limone per cinque ore.  Battere due uova intere aggiungendo una presa di sale.

In due piatti distinti mettere la farina, preferibilmente setacciata e soffice, e il pane grattato.

Preparare quattro fettine di pancetta battendole leggermente fino a farle diventare finissime.

Stendere le fette di fegato, salarle con una presa di sale per parte.

Porre sopra queste le fettine di pancetta premendo per farle aderire bene alla carne.

Stendere sopra le fette, dalla parte della pancetta, due prese di origano tritato e due prese di prezzemolo tritato. Vanno bene anche se prelevati dalle boccette in commercio. Premere sempre sulle fette per amalgamare gli odori il più possibile alle carni.

Infarinare le fette di fegato così preparate. Pressarle bene nella farina e lasciarle riposare circa venti minuti.    Passare le fette nelle uova sbattute e ricoprirle subito con il pane grattato.    Se la pancetta comunque tenderà a staccarsi, si potrà fermare sulla fetta con uno steccone.  Lasciare riposare per un quarto d’ora. Nel frattempo in una padella adeguata versare olio E.V.O. nella quantità tipica del fritto e portarlo a temperatura (oltre i 150°).

Porre le fette nella padella e, dopo la prima scottatura delle due parti delle fette, abbassare della metà il fornello e lasciare cuocere fino a che le fettine siano ben rosolate.      Se si volesse aggiungere una nota di condimento togliere le fette di fegato dalla padella e nella stessa porre due pomodori rossi spellati, tagliati a cubetti e con tutto il loro succo. Cuocerli per non più di cinque minuti nello stesso olio di cottura delle fette di fegato e versarli sopra e intorno alle fette di fegato già impiattate senza bagnarle con l’olio di cottura, ma solo intorno con un po’ di sughetto.  Si può guarnire la pietanza con purè a base di noce moscata e con del formaggio tenero dolce leggermente scaldato alla fiamma. Sopra potete aggiungere dell’album è cotto in padella, come nella foto.

Al Vostro appetito una buona soddisfazione!

Siamo tutti là… dentro!


Ve la ricordate la canzone di Dolcenera “Siamo tutti là fuori”? Prima era così. In epoca ante Facebook, tutti ci tenevano a stare “fuori”: in giro, in piazza, in mezzo agli altri. Seguendo il senso della canzone, erano i giovani che non vedevano l’ora di andarsene in giro “in attesa di vivere un sogno incredibile”. Ma oggi? Oggi non si esce per divertirsi, conoscere gente nuova, ridere con gli amici. O meglio: non solo. Si esce la sera per mettere una foto al pub con gli amici “là dentro”! Dentro dove? Ma sui social network! Siamo tutti (o quasi tutti) “là dentro”! A volte si ha la sensazione che, se non si posta una foto sui social in una certa situazione, quel momento non sia mai arrivato. Cioè: se esci posti la foto con gli amici su Instagram, se ti sposi devi mettere la foto su Facebook, se stai andando al mare come minimo lo annunci su Twitter! Siamo tutto dentro i social. Ma non tutti tutti. Qualcuno non c’è ma viene fotografato e “postato” lo stesso. Qualcuno che conosciamo oppure qualcuno che non conosciamo. Si fotografa un tizio sull’autobus, perché porta dei pantaloni strani, magari evitando di inquadrarne il viso. Oppure si fotografa qualcuno che non conosciamo direttamente ma sappiamo chi è: un personaggio pubblico.

La cantante Elisa è stata recentemente fotografata in treno, perché estremamente normale: non truccata, niente abiti firmati, una persona normale che legge un libro e poi aiuta una signora a scendere. Il cantante Francesco De Gregori è stato “paparazzato” in aereo mentre tornava dal Salone del Libro di Torino, leggendo  “La ragazza del treno”. Appunto: paparazzati. Erano consapevoli che qualcuno li stesse fotografando? Nel caso di Elisa mi pare di no. E De Gregori si sarà accorto? Chissà. Comunque, sono finiti tutti e due su Facebook. E spero che le notizie che accompagnavano le foto e che ho riportato qui fossero corrette…

Dicono che i giornalisti non abbiano ragione di esistere, perché con i social network siamo tutti giornalisti. Ma non è così: non tutte le notizie sono vere e una notizia data da un professionista dell’informazione su una testata riconosciuta ha certo più garanzie di una pubblicata chissà dove nel web. Magari da qualcuno che fa contro informazione. Certo, anche i giornalisti possono sbagliare. Ma credo in buona fede. La deontologia non è un’opinione. E i paparazzi? Fotografi che a volte passano il segno ma le loro foto sono di solito vere. Ma oggi, oltre a sentirci tutti giornalisti, non è che ci sentiamo anche tutti paparazzi? 

E quindi arriviamo al punto: è giusto fotografare un personaggio pubblico in un momento privato senza dirglielo? Io credo di no. Bisognerebbe chiedere. E, visto che sono personaggi pubblici, penso che non direbbero di no a una foto. Lo diceva qualche giorno fa in tv Gabriel Garko: non sopporta che qualcuno gli rubi uno scatto. È una questione di educazione, bisogna chiedere. Per non togliere naturalezza al momento, si potrebbe fotografare il personaggio famoso incontrato e poi rendergli nota la foto, chiedendo anche il permesso di metterla sui social.

Resta il fatto che, oltre a sentirci tutti giornalisti, stiamo diventando dei potenziali paparazzi: di noi stessi e degli altri. Perché se non hai la foto almeno in un social, non esisti (almeno, per molti purtroppo è così); e se posti lo scatto di un personaggio famoso, fai “notizia”. Capiamoci: io non sono contro i social; sono un modo per condividere e socializzare. Però, con moderazione. Ricordate che non conta il numero di “mi piace” che raggiunge la vostra foto al mare: conta solo se eravate con persone a voi care e quanto avete apprezzato quella esperienza. E se incontrate un personaggio noto, fatevi coraggio e chiedetegli una foto insieme a voi: sarà un bel ricordo, indipendentemente dai social!

Christina Germann-Chiari e il suo mondo di fiabe e musica


Curiosando su Facebook tra le pagine che parlano di libri ne ho trovata una molto interessante: “Fiabe, storie e libri per bambini di Christina Germann-Chiari”. Su YouTube ho trovato alcune fiabe scritte da lei o da lei raccontate, con musica e immagini! Così l’ho contattata ed ora eccoci qua a fare quattro chiacchiere.

Christina Germann-Chiari: che nome particolare! Come mai due cognomi e uno, immagino, non italiano?

Ho due cognomi perché sono svizzera e qui quando ci si sposa si cambia cognome e si usa avere il cognome di famiglia, quindi quello di mio marito, Germann, seguito dal mio cognome da ragazza, Chiari. Mio marito viene dalla Svizzera Tedesca, per cui il cognome di famiglia è in tedesco. Ora abitiamo nella Svizzera Italiana, a circa 2 ore da Milano, e quindi in famiglia parliamo per lo più italiano, ma stiamo crescendo le nostre due figlie bilingui.

Di dove sei?

Sono di Gordevio, nella Valle Maggia. Una valle del Canton Ticino, nella Svizzera Italiana. La Svizzera Italiana è la parte a sud della Svizzera, quella che confina con l’Italia e dove appunto si parla italiano. La cittadina più vicina a casa mia è Locarno, sul Lago Maggiore. Siamo a circa 2 ore da Milano.

Cosa fai nella vita?

Nella vita di formazione sono ingegnere forestale, ma ho lavorato solo fino a che sono diventata mamma. Poi ho scelto di fare la mamma a tempo pieno e di dedicarmi alla chitarra. Ho creato la mia scuola di musica e scrivo fiabe musicali per bambini. Si possono trovare più informazioni su di me e sul mio lavoro sulla mia pagina web www.gradiccioli.t15.org.Nel tempo libero però scrivi fiabe che accompagni con la tua chitarra! Dove prendi l’ispirazione per scrivere le tue storie?

L’ispirazione per le mie storie viene spesso dalla mia vita, dalle esperienze fatte, anche in Canada e nella Svizzera Tedesca, dove ho vissuto parte della mia vita. E naturalmente le mie due bimbe, di 8 e 12 anni, sono una fonte continua di ispirazione.

Ho visto che hai anche accompagnato con le tue note fiabe non tue. In base a cosa le scegli?

Scelgo le fiabe che mi piacciono di più e in cui la musica è protagonista. Bado ovviamente a che i diritti d’autore siano scaduti, anche se ho già messo in musica delle fiabe con diritti d’autore non ancora scaduti, che però per ovvie ragioni non posso pubblicare in Internet. Le uso per i miei spettacoli.

Sono piuttosto curiosa di conoscere la parte “pratica” del tuo lavoro. Vorrei sapere dove registri e se inserisci la musica in un momento successivo oppure suoni la chitarra e racconti contemporaneamente. Come funziona?

Dal momento che ho anche studiato informatica al politecnico federale di Zurigo ho per fortuna le conoscenze per poter registrare a casa mia. Ho comprato microfono, soundcard e gli aparecchi professionali ed ho imparato ad usarli. In genere registro ogni capitolo del racconto separatamente, poi la musica ed infine unisco il tutto. Anche la musica è registrata in più momenti: canto, chitarra e strumenti vari sono ognuno su una traccia diversa, che poi mixo.

Chi realizza le immagini che scorrono nei tuoi video su YouTube?

Anche le immagini le ho realizzate io, ad eccezione di quelle della fiaba della rana dalla bocca larga, che sono state realizzate da mio marito.

Per ora il tuo bellissimo mondo è da tutti fruibile on line ma pensi di fare un audiolibro, magari con qualche inedito?

Più che un audiolibro il mio sogno nel cassetto è quello di pubblicare tutti i miei libri (compreso quello che sto scrivendo ora che è ancora inedito ed è un giro del mondo di leggende e musica) in formato cartaceo con allegato CD musicale.

Grazie per la tua presenza su questo blog! E buon lavoro, anzi buon divertimento con le tue fiabe!

Pensieri su… “Un vicino di casa quasi perfetto”

 “Un vicino di casa quasi perfetto” di A.J. Banner. Uscito il 28 aprile 2016. Ancora grazie a Newton Compton Editori, che questa volta mi fatto addirittura scegliere il libro da ricevere per il “Club dei lettori”!

Qualche imprecisione e qualche errore nella traduzione italiana.

“È il mio lavoro immaginare cose. Sono una scrittrice”. Bella questa frase: me la sono appuntata!

E poi ce ne sono un altro paio che ho sottolineato:

“Qualsiasi cosa succeda, dire la verità è sempre la scelta migliore”.

Le persone avevano strani segreti, realizzai, quelli superficiali, che volevano rivelare, e quelli profondi, nascosti troppo in fondo per esser rivelati o qualche volta anche riconosciuti come tali.

In alcune frasi avrei usato i due punti invece della virgola.

Ma chi è poi questo vicino di casa? “The good neighbor”, cioè “il buon vicino” è il titolo originale del libro, ed è così che lo avrei tradotto, lasciando il titolo un po’ più sul generico. Mentre con “un vicino di casa quasi perfetto” ci si aspetta di individuarlo subito questo vicino, e invece i vicini sono molti, e non sono certo tutti uomini. Nel titolo originale non si sa neanche se il vicino in questione sia uomo o donna, perché il termine americano (quello inglese, ugualmente generico, sarebbe “neighbour”) vale per entrambi.

Avvincente, incalzante, tiene veramente incollati alle pagine fino alla fine. E il bello è che non succede niente di veramente rilevante, tranne l’iniziale incendio di due case. Poi sono tutte supposizioni e piccoli indizi. Ma per scoprire cosa? Si tratta solo di stranezze, mezze telefonate, occhiatine e sospetti. Non si sa a cosa possano portare tutti i dubbi della protagonista, Sarah.

Il marito l’ha tradita? La tradisce ancora? Può fidarsi di suo marito? I suoi vecchi vicini di casa sono brave persone? Le sue amiche sono delle vere amiche?

Poi la soluzione di tutto. E ancora il colpo di scena finale…

Letto in pochi giorni! Ve lo consiglio! E… cominciate a leggerlo magari durante il fine settimana, quando nessuno vi disturberà e avrete tutto il tempo per dedicarvi a questa lettura leggera e appassionante!

Lost and found

In un mondo che troppo spesso ci delude e ci dà l’impressione che la compassione e l’altruismo non siano più di casa, ecco che arrivano invece piccole dimostrazioni di aiuto reciproco. Segni che l’umanità, vera ricchezza di questo mondo, è umana, nel senso più bello del termine. 

Vado al treno e davanti alla stazione trovo appoggiato un peluche a forma di pecorella: piccolo, sporco ma messo con cura in alto su un supporto, davanti alle porte della stazione, perché chi lo ha perso lo ritrovi. Forse un bambino. Mi ha strappato un sorriso.

Faccio pochi metri e sulla scala di metallo vedo legata a un palo una bella sciarpa beige, pesante, morbida: anche questa messa lì perché sia ritrovata. 

Vorrei che fosse sempre così.

Regalo di primavera: “Il giardino segreto”!

 
Alla fine ho seguito i miei stessi consigli! Ho preso un libro a me molto caro per una persona che ha saputo apprezzarlo: “Il giardino segreto” (BUR Ragazzi) di Frances Hodgson Burnett per una signora che cura molto il suo giardino ma, come accadeva per il giardino segreto, lo lascia anche libero di crescere da solo dove vuole e di esprimersi. 

Prima cosa: dedica all’interno. Poi carta da pacchi classica e, tocco finale, un fiocco con lo spago. E ho aggiunto un segnalibro inserito sotto lo spago, uno dei miei, di quelli che rappresentano le Quadrobambole. Non è in tema con il libro ma mi faceva piacere che lo avesse.

Ma non ero ancora contenta… Nell’edizione che ho trovato, non c’erano i titoli dei capitoli. Così, li ho riletti nella versione originale e li ho tradotti, scrivendoli a matita nel libro ad ogni capitolo.

E mi sono anche accorta che la filastrocca all’inizio del libro era stata tradotta reinventandola, invece preferisco che sia tradotta con un significato più simile all’originale, perché credo abbia più senso.

Avete presente?

“Signorina sempre-no,

Come cresce il tuo giardino?

Con biancospini e conchiglie,

E calendule tutte in fila”.

L’ho riscritta su un foglietto e inserita tra le pagine, accanto alla filastrocca.

Ora mi sento soddisfatta! 

È sempre bello regalare un libro! 

A due voci

Siamo fatti a due voci. Abbiamo dentro due voci. Una è quella che ci fa capire l’esito più probabile di una situazione, un esito che spesso può non incontrare il nostro favore. L’altra è quella che rappresenta la nostra speranza o la nostra paura. Ed è spesso quest’ultima quella che grida più forte.