Minestra prodigio

  


Nuova ricetta! Il Ratatouille romano colpisce ancora! 


Per tre persone

Facile

Tempo: 30′

 

INGREDIENTI:

Pasta (farfalle – pennette – orecchiette…)gr.250

Carote2

Uova​  2

Sale ​  Q.b.

Olio E.V.O.Q.b.

 

PREPARAZIONE:

Cuocere la pasta come di consueto aggiustando di sale.

Pelare le carote privandole delle estremità.

Tritare finemente le carote e riporle in una ciotola non metallica.

Sbattere le uova aggiungendo un pizzico di sale senza montarle.

Quando la pasta sarà quasi cotta, con un mestolo togliere l’acqua dalla pila lasciandone quanto basta per tenere la pasta in forma di minestra.

Aggiungere le carote tritate nella pila di cottura insieme alla pasta.

Lasciare cuocere per dieci minuti ancora, finché la pasta sia prossima alla cottura.

Versare lo sbattuto d’uovo nella pila di cottura e iniziare subito a mescolare con decisione intanto che l’uovo si cuoce all’interno senza formare grumi o fili.

Ciò provocherà anche un addensamento progressivo del tutto.

Quando la consistenza della minestra sarà alla stregua di un fitto minestrone, spegnere il fornello e servire subito arricchendo il piatto con aromi a crudo e freschi.

Migranti e neri

 Continuo a seguire i corsi di giornalismo e nell’ultimo a cui ho partecipato si parlava dell’immigrazione, con riferimento all’operazione “Mare Nostrum” e molto altro. Non vi tedierò raccontandovi le mie ore di corso, seppure interessanti.

Una cosa mi è rimasta particolarmente impressa: si diceva di cambiare il termine “immigrati” con “migranti” e il termine “clandestini” con “irregolari”. Mi ha ricordato quando, anni fa, a noi bambini si diceva di non dire “negro” ma “nero” o “di colore”. E nel termine c’era racchiusa la volontà di cambiare un tipo di cultura: in fondo una parola vale l’altra, il significato è lo stesso, ma era il nostro modo di percepire le cose che si voleva cambiare. Sostituendo il termine, che suonava in qualche modo dispregiativo, con un altro di uguale significato ma privo di quel qualcosa di negativo che aleggiava nell’altro, si cercava di cambiare una società, ovviamente in meglio. La stessa cosa accade oggi.

Era solo una riflessione.

Un mio racconto tra i vincitori

Ho ricevuto un’e-mail completamente inaspettata:

Caro autore,

abbiamo ultimato la selezione dei racconti per il “Concorso XXX”, se ricevi questa email è perché il tuo racconto è stato selezionato e verrà pubblicato in un’antologia edita da XXX. In attesa di definire la data e il luogo della premiazione (che ti comunicheremo in una successiva email), ti comunichiamo che il libro uscirà a metà maggio in occasione del Salone del Libro di Torino dove sarà disponibile presso lo stand di XXX.

Anche ora faccio fatica a crederci… Avrete notizie certe sulla premiazione e sulla presenza del libro al Salone del Libro di Torino appena le riceverò anch’io ma la comunicazione che mi hanno mandato era chiara e precisa.

Per ora vi racconto com’è andata dal mio punto di vista.

Avevo visto l’annuncio di questo concorso su Facebook. Per caso (ammesso che il caso esista). Mi stavo mettendo a dormire quando ho ripensato proprio a questo concorso. Avevo salvato nello smartphone l’e-mail a cui inviare un racconto per partecipare. Prima di addormentarmi, ho avuto un’improvvisa ispirazione e mi sono messa a scrivere. Di getto. Una storia cotta e mangiata. L’ho inviata subito dallo smartphone. È un racconto breve. Ed è piaciuto. 

Mi era successa la stessa cosa quando a dicembre 2008 sono stata selezionata tra i cinque vincitori della terza edizione del Concorso Estivo della Carta Europea della Sicurezza Stradale. 

  

Il lavoro presentato è stato pubblicato sulla prima edizione della rivista della “Carta Europea della Sicurezza Stradale”. 

  

Un’amica mi aveva segnalato questo concorso e ho partecipato per caso (?) e anche quella volta avevo scritto un testo breve di notte, però da un piccolo portatile, a letto, prima di addormentarmi. Ho vinto un viaggio a Barcellona, città che avevo già visitato e che adoro, e nella quale ho seguito le orme di Gaudì.

Questa volta invece vedrò il mio racconto in un’antologia che sarà presente a maggio al Salone del Libro di Torino!  E ancora mi chiedo: ma davvero? 

Vi terrò aggiornati!

GdL – Isabella Camera d’Afflitto consiglia quattro libri

 

Il tema è ancora l’Islam e i consigli per il prossimo libro da leggere (gentilmente stampati dal solito componente del gruppo che ogni tanto offre graditi omaggi) vengono direttamente da Isabella Camera d’Afflitto, curatrice del precedente volume letto per il gruppo di lettura (“Ritorno a Haifa • Umm Saad – Due storie palestinesi”, Edizioni Lavoro).

  

Penso che opterò per il libro numero quattro…

GdL – Pensieri su… “Ritorno a Haifa • Umm Saad – Due storie palestinesi”

 

Poche pagine rispetto a quelle del precedente libro ma direi anche poche in generale: solo 109.

“Ritorno a Haifa” è un racconto che lascia con l’amaro in bocca: tutti hanno ragione, tutti hanno torno e niente si risolve, anzi, la situazione peggiora. Nemmeno un figlio ritrovato riesce a far riunire Israeliani e Palestinesi, facendoli vedere a vicenda per quello che sono: persone.

Una coppia di coniugi palestinesi ritrova il figlio perso vent’anni prima e adottato da una famiglia ebrea alla quale è stata assegnata la loro casa. Ma il figlio ora combatte per Israele. Il padre biologico comincia a sognare che il suo secondogenito si unisca presto ai fedayin, cosa che invece prima gli aveva vietato di fare.

Le madri hanno poche parole. Il giovane crede di essere stato abbandonato anche se non è stato così: i genitori lo hanno in qualche modo lasciato senza poter tornare a prenderlo, nella confusione, mentre dovevano lasciare per forza la città. Ma avrebbero dovuto cercare con tutte le loro forze di tornare, quei genitori, e il figlio li considera vigliacchi. 

Errori rinfacciati di padre in figlio, errori commessi da una “parte” e dall’altra, perché è così che si è parlato nel salotto della casa contesa, attraverso due barricate; in quella casa in cui si parlava arabo e poi, portati via i proprietari, la cultura ebraica aveva fatto il suo ingresso. E si parla in inglese come lingua “di mezzo” che però non riesce a far fare un passo “nel mezzo” a quelle persone così strette nelle loro posizioni. Tutti accusano. Nessuno ama.

“Umm Saad”. La madre di Saad, definita vecchia a soli quarant’anni. Giustifica suo figlio continuamente, qualsiasi cosa faccia. Lui doveva firmare un foglio in cui ammetteva che si sarebbe comportato bene, per poter uscire di prigione ma si è rifiutato. La madre all’inizio sperava che riuscissero a farlo uscire per poi vederlo scappare ma poi lo giustifica per non aver firmato, perché tanto anche il campo profughi è una prigione. In seguito lui se ne va senza avvertire e diventa un fedayin e la madre lo giustifica ancora, perché in precedenza le aveva accennato due o tre volte che sarebbe voluto partire.

Io non la vedo come una “madre coraggio”: è solo una persona che ha perso tutto, anzi, che non ha mai avuto niente: prima era povera e poi è finita in un campo profughi; schiacciata da un figlio che non la rispetta e da un marito che la tratta in modo brusco e se la prende con tutti, perfino con la propria ombra, e lei ovviamente giustifica anche lui: è colpa della povertà. E quand’è che il marito diventa affabile? Quando lui e la moglie vedono combattere in un’esercitazione in piazza il loro secondogenito, un ragazzino in divisa color cachi con un fucile in mano, entrambi assurdamente orgogliosi. Mah…

Abu Saad, il padre di Saad, si sente meglio vedendo i figli pronti a combattere. La guerra è paragonata alla rinascita di un ramoscello di vite che è stato piantato e vede spuntare la sua prima gemma. Di nuovo: mah!

Appunti sul giornalismo in Europa

Il relatore l’ha definita una chiacchierata informale, così ci ha sconsigliato di farci un articolo e io mi sono risparmiata di fare foto. Però, qualche appunto l’ho preso e, informalmente, vi lascio di seguito qualche spunto di riflessione.

(null)  

  • Bruxelles, sede della Commissione Europea, è la capitale col maggior numero di giornalisti accreditati, buona parte tedeschi (circa 120 su 1000), vista la grande importanza dei giornali regionali dei Länder; Mediaset non ha un corrispondente fisso;
  • C’è stata una perdita netta dei corrispondenti classici, una riduzione dell’organico ma non del flusso d’informazione, perché i nuovi media hanno sopperito; ci sono conferenze in web streaming;
  • Ci sono free lance con una clientela esclusivamente on line; alcuni blog acquisiscono un’importanza notevole;
  • Hanno una specializzazione diversa;
  • Lo scoop del giorno dopo non esiste più, il web chiede tutto subito, non hai la mezza giornata in più per scrivere;
  • I tempi di analisi si riducono, c’è una banalizzazione della notizia; la notizia web: titolo e qualche dettaglio;
  • L’onda anomala sta arrivando: in un paio d’anni avremo un giornalista europeo on line con clienti diversi;
  • In Italia c’è un’ottica nazionale ombelicale: viene fatta a fette la storia per parlare solo dell’angolo italiano; l’Europa serve solo nella maniera in cui viene italianizzata;
  • Si sa dell’Europa quando c’è uno scontro, non quando c’è una proposta;
  • Con i nuovi media nasce il problema deontologico: ognuno diventa attore con blog, Facebook e Twitter ed è quasi impossibile regolamentare; sarà necessario rivedere vincoli, criteri e responsabilità;
  • Il blog di un giornalista rientra in una zona grigia;
  • I social media sono usati da giornalisti e politici; spesso i social bypassano le agenzie di stampa, che a questo punto chiedono i dettagli che ad esempio su Twitter non possono andare;
  • Twitter ha un impatto di stile simile a quello delle agenzie di stampa;
  • Il medium, il canale si trasforma in proprietario del messaggio istituzionale nelle mani di un privato come Twitter, è questo lo tsunami, e ha una pubblicizzazione enorme, con migliaia di followers;
  • Si riconosce così l’orientamento pubblico su un dato tema, magari sulle elezioni in corso;
  • All’ufficio che si occupa di comunicazione a Bruxelles ci sono poche persone, a fronte di un migliaio di giornalisti;
  • La comunicazione sta subendo cambiamenti non sempre prevedibili; dovremmo immaginare il nostro futuro nella comunicazione con mezzi informatici superiori a quelli odierni;
  • Qual è l’accesso alla comunicazione consentito? Qual è quello non consentito?
  • L’Unione Europea comunica male, perché per sua natura è un’istituzione che ha acquisito natura politica nel tempo: era una stanza con sei ministri che cercavano di comporre le esigenze nazionali, andati incontro a complessità esponenziali, si è ingigantita in un brevissimo periodo di tempo;
  • Per problemi comuni, devono trovare soluzioni accettabili da tutti; le tematiche hanno un’ottica che non permette di analizzare solo l’angolo nazionale;
  • Può diventare più vicina ai cittadini ma c’è una barriera linguistica e una barriera video;
  • I tabloid britannici sono il nemico numero uno dell’Unione Europea;
  • I media scandinavi o tedeschi hanno un’attenzione capillare, il punto di vista è “l’Europa siamo”;
  • L’approccio dell’Italia è “l’Europa è”; ce ne occupiamo se fa qualcosa che non ci piace o può essere utile;
  • Crozza: “L’Europa ci obbliga”;
  • Serve uno sforzo maggiore per formare giornalisti a livello europeo; non posso scrivere di Europa se non so.