Non solo farro

Che dire? Una vera specialità del nostro Ratatouille romano a base di farro e non solo! Assolutamente da provare!

Per tre persone

Difficoltà:​ facile

Tempo:​​ quarantacinque minuti

 

Ingredienti:

Farro​​ 130 gr.

Acqua ​​1 lt.

Mirto ​​due rametti

Noci sgusciate ​30

Sedano​​ una costina con foglie

Porro ​​parte bianca di uno

Pomodori rossi ​2

Noce moscata​ mezzo cucchiaio raso

Zenzero ​2 cucchiaini

Olio E.V.O.​ q.b.

Sale​​ q.b.

 

Preparazione:

In una pentola adeguata porre l’acqua, il farro e i rametti di mirto a bollire, salare quanto basta..

Nel frattempo sgusciare le noci e tritarle grossolanamente, e metterle da parte.

Frullare insieme il sedano, il porro e i pomodori rossi e porli in una ciotola adeguata che non sia di metallo.

Aggiungere mezzo bicchiere di olio, due cucchiaini di sale, la noce moscata e lo zenzero.

Mescolare il tutto e lasciare a riposare.

Quando il farro sarà cotto, scolarlo e porlo in una ciotola di ceramica.

Unire al farro le noci tritate e mescolare bene.

Successivamente aggiungere al farro il frullato di sedano, porro e pomodori rossi.

Aggiustare di olio E.V.O. in modo che il tutto appaia lucido e gradevole alla vista.

 

Se si desidera si può guarnire con insalata riccia debitamente lavata e ridotta a un trito molto grossolano, condita con olio e sale solamente.

 

Può servire sia da prima che da seconda portata, quando la prima sia di un antipasto di formaggi secchi stagionati e pane casareccio anche bruscato.

 

Al vostro appetito una buona soddisfazione.

Pensieri su… “Quel che resta del giorno”

Mi è stato prestato "Quel che resta del giorno" di Kazuo Ishiguro. Ricordavo vagamente il film ma non mi era mai capitato tra le mani il libro da cui è stato tratto. Ebbene: eccolo qui, in un'edizione del 1996, Arnoldo Mondadori Editore.

Questo libro cammina a passo lento, a passo di maggiordomo direi. Si viaggia tra il presente e il passato a un ritmo costante, né troppo veloce, né troppo lento. È un libro che emana tranquillità, serenità e autocontrollo ad ogni pagina.

È il diario del maggiordomo: Mr. Stevens. Un uomo che non perde mai il controllo di sé e continua a lavorare anche quando è appena morto suo padre. Vive per il suo lavoro e per offrire il servizio migliore al padrone di casa. Non si è mai sposato, è completamente solo ma sembra non accorgersene, perché ha il suo lavoro.

Lavorava precedentemente a Darlington Hall per Lord Darlington, che ha servito in maniera ineccepibile, direi calpestando se stesso e la propria vita in favore del suo padrone. Poi nella stessa casa è subentrato Mr. Farraday, un americano che lo esorta a prendersi una vacanza. E Mr. Stevens lo fa, con l'auto del suo nuovo padrone, dicendo a se stesso che andrà a cercare una sua vecchia collega, Miss Kenton, per vedere se voglia tornare a lavorare a Darlington Hall, dove crede possa essere d'aiuto la sua figura. 

C'è una meravigliosa descrizione della brughiera: un paesaggio semplice e maestoso proprio in forza della sua estrema semplicità, linearità e calma che riesce a infondere in chi la guarda.

Nel suo viaggio, il maggiordomo vede bei posti e incontra persone curiose, ma soprattutto ricorda gli anni in cui era al servizio di Lord Darlington e gli illustri personaggi che ha visto entrare a Darlington Hall.

Il maggiordomo pensava di non essere in grado di comprendere questioni di politica nazionale, autoconfinandosi nel suo modesto seppur importante ruolo. Io credo che la gente, quella che viene definita gente comune, dovrebbe interessarsi della politica nazionale e internazionale, perché siamo parte di questo mondo. E le persiane che votiamo non devono decidere per noi che non capiamo ma rappresentare l'idea politica che sia il più possibile vicina alla nostra. L'impressione che ho avuto è che Mr. Stevens si sia trincerato dietro una figura illusoria: il ritratto del perfetto maggiordomo, dimenticandosi di se stesso.

Senza parlare di Miss Kenton. La donna si è sposata anni prima e vive lontano con la sua famiglia. Qui faccio una piccola rivelazione: la donna era innamorata di Mr. Stevens, che però era troppo impegnato a fare il maggiordomo. Quando glielo rivela, durante quello che sarebbe stato probabilmente il loro ultimo incontro, Mr. Stevens prende un immateriale schiaffo in faccia. Si capiva che lei era interessata al maggiordomo, proprio dai racconti che lui fa nel libro. Ma l'uomo non ci aveva mai capito niente. Chissà cosa sarebbe accaduto se lei si fosse dichiarata apertamente prima? Probabilmente niente. Mr. Stevens, figlio di un maggiordomo, riusciva a fare solo il maggiordomo.

Tornando a Darlington Hall, l'uomo fa una sosta e una riflessione: la sera è la parte più bella del giorno. E questa è anche una similitudine con la vita.

Mr. Stevens riflette molto sul significato di dignità: per lui, detto in due parole, significa non togliersi i panni di dosso in pubblico. E credo che lui non l'abbia fatto mai nemmeno in privato. Poi si chiede alla fine cosa ci fosse di degno nel servire una persona asetticamente, come lui aveva fatto con Lord Darlington, un uomo che aveva fatto scelte sbagliate anche cercando di aiutare il mondo. Ma le sue elucubrazioni cessano subito, perché la sua preoccupazione alla fine del libro è imparare a fare battute ironiche per compiacere Mr. Farraday.

Cambierà…?

Sembra un film. Immagini in tv di scene atroci o disastri naturali, foto che rappresentano scenari disperati, gente che soffre e molto, molto altro… Tutto così lontano; tutto dietro a uno schermo, sulla pagina di un giornale, in una voce che racconta alla radio. E noi lontani, così lontani. Poi accade vicino, molto vicino e la preoccupazione sale: e poi ancora tutto lontano. Sembra un film, una vocina dentro di noi grida che non può essere vero ma purtroppo lo è. È la Terra, è il nostro mondo, siamo noi. E solo noi possiamo cambiare il nostro destino. Ma adesso siamo ancora dietro a quello schermo, sfogliamo ancora quel giornale. Speriamo che tutto questo un giorno cambierà da solo senza bisogno del nostro apporto e della nostra volontà…

Mamma Gaia

Questa poesia non è mia ma valeva la pena pubblicarla.

Mamma Gaia

Vedo.

Dai calori di gioventù ricavasti brufoli esplosivi.

Così i tuoi umori generano vènti:

con alcuni ti schiaffeggi nei mari,

sulle montagne maestose

per tenerti vigile.

Il complice d’amore ti brucia il ventre nel deserto.

A volte incendia la tua pelle profumata

ma la nuova non marca sfregi.

Tu ricrei te stessa nuova e migliore.

Egli ti bacia e carezza tutta e ti ama. Lo vuoi!

Ai tuoi figli dài il respiro e senti sospiri e risate.

Tu ascolti e doni senza risparmio

dal profondo dei tuoi cristalli

allo sguardo sul firmamento. Lo senti.

Perché tu sei del firmamento.

Guardando te vedo me stesso.

Ma il segreto…

Le armonie della tua vitalità

nessuno le sente.

Traversi l’Universo

cantando

e lo tieni per te.

Tu ricrei te stessa nuova e migliore.

Guardando te vedo me stesso…

Mamma, ti prego

svelami i tuoi segreti.

Poggio Mirteto, 04 novembre 2017