Fuoco

Il crepitio del fuoco, il calore, la cenere che ti vola addosso. Il fuoco che avanza. L’Italia brucia. Sembra il destino del Monte Acuziano, detto Monte San Martino dalla popolazione locale, a Fara in Sabina, in provincia di Rieti. Una montagna tristemente abituata a bruciare. L’ultima volta il fuoco è partito il 12 agosto scorso ed è andato avanti per tutto il giorno e per tutta la notte, fino al giorno dopo, e nella notte fiaccole rosse ardevano ancora nel buio della montagna. Alberi che dopo precedenti incendi erano finalmente rinati, sono bruciati. Uccelli che scappavano dal fuoco e volavano in alto sugli alberi in fiamme, e chissà quanti altri animali hanno cercato di mettersi in salvo. Il fuoco ha lambito le case. Alcune famiglie sono state fatte evacuare per precauzione. Per fortuna almeno le persone sono rimaste al sicuro e così le loro case. Per fortuna. Perché il fuoco segue i consigli del vento, e il vento non si sa dove va. Incendio doloso, almeno così sembra. Ma perché? Dispetti tra persone che vogliono averla vinta, voglia di essere i primi a chiamare i soccorsi, chissà. La notte dell’incendio ho visto gente arrivare in auto per andare incontro al fuoco, e parcheggiare a qualche centinaio di metri dalle fiamme per assistere allo spettacolo, mentre le loro auto restringevano la carreggiata e creavano solo disturbo ai mezzi di soccorso. Non credo di dover commentare. Chissà se tra i curiosi c’era anche la persona che ha appiccato l’incendio, o se è rimasta chiusa in casa a sperare che almeno non morisse nessun essere umano.

Vorresti che alberi rigogliosi bruciassero? Vorresti che animali innocenti bruciassero? Vorresti che la tua casa bruciasse? Vorresti distruggere un bosco con le fiamme? Vorresti lasciare una famiglia senza casa? Vorresti che delle persone morissero a causa delle fiamme? Chi ha appiccato il fuoco si è posto queste domande? O voleva solo emulare i piromani diventando a sua volta piromane, o voleva soltanto far parlare in televisione di un grande incendio? È mania di protagonismo? È stupidità? È cattiveria? Non so cosa sia. Ma so che la conseguenza è uno scempio.

Il problema non è certo il fuoco. Il fuoco, come l’acqua, la terra e l’aria è uno dei quattro elementi. Noi esseri umani siamo immersi nell’aria, altri esseri viventi nell’acqua. La terra ci sorregge. Il fuoco è un grande mistero. È un elemento che non possiamo toccare, come l’aria, ed è una delle grandi scoperte dell’umanità, come la ruota. Non è il fuoco il problema. Il fuoco è un dono. Il problema siamo noi. Noi esseri umani. Siamo sempre noi a creare danni alla natura e, di conseguenza, a noi stessi. Se volessimo bene a noi stessi, eviteremmo di appiccare il fuoco per motivazioni che non sono motivazioni. Eviteremmo danni a noi stessi, alla nostra vita, perché viviamo anche noi sulla terra. Se volessimo bene a noi stessi, se ognuno comprendesse che il bene di uno è il bene di tutti, se rispettassimo la nostra vita, se ci comportassimo correttamente, allora potremmo volere più bene agli altri allo stesso modo, ed evitare di fare del male a tutti gli esseri viventi, noi compresi. Incendiare una montagna è un atto criminale verso gli altri esseri viventi, umani e non, e anche verso se stessi, perché ci si condanna a compiere un’azione empia, terribile, con le proprie mani. Se gli altri non lo sanno, chi ha compiuto questo gesto lo sa ed è costretto a conviverci ogni giorno, anche se con il resto del mondo deve fare finta di niente. Dovremmo amare il nostro prossimo come amiamo noi stessi. Il problema è che esiste anche chi non ama se stesso, perché si permette di compiere azioni abominevoli e si autogiustifica. Non dovremmo fare agli altri quello che non vorremmo fosse fatto a noi. Però qualcuno lo fa e anche con conseguenze gravi. Fa male agli altri e soprattutto a se stesso.

Maturità


Siamo abituati a ricordare il nostro esame di maturità, quello vissuto in genere da ragazzi, da studenti, insieme agli amici dell’epoca, quelli che a volte si trasformano negli amici di una vita. Un momento comunque storico nella vita di ognuno.

Ed è strano vivere questa esperienza dall’altra parte della fila di banchi, quelli dietro cui sono seduti i professori, mentre l’esaminando se ne sta lì a guardare gli insegnanti, pieno di tensione e speranza che tutto vada per il verso giusto.

La speranza è sempre quella che i professori non ti facciano la domanda alla quale non sapresti rispondere; e anche che ti chiedano proprio quell’argomento che sai così bene. Già. Ci siamo passati tutti.

Sembra strano trovarsi dall’altra parte, nel ruolo di insegnante, un ruolo da non protagonista, mentre ascolti i colleghi fare domande alle quali non sempre sapresti rispondere. Perché questo non è il tuo esame, non sono le materie che hai studiato tu a scuola, e quelle che hai studiato non te le ricordi più tutte nel dettaglio. I ragazzi, i tuoi ragazzi, invece, devono sapere di cosa si parla. Questo è il loro esame. E poi tocca a te: sei tu a dovergli fare una domanda, alla quale speri sappia rispondere bene. Sei lì a tifare per quello studente, perché ti ricordi cosa si prova ad essere al suo posto. Però non puoi fare altro che guardare e sperare che i maturandi non vengano presi dal panico, che continuino a parlare, che non si blocchino, che restino concentrati. Puoi solo sorridere e fare un in bocca al lupo per il loro esame di maturità. E poi un altro per la vita.

Quello dell’esame di maturità è un addio tra professori e studenti. Raramente si riesce a restare in contatto. È l’ultima volta che ci si incontra prima che loro prendano il volo oltre la scuola dell’obbligo. Niente più scuola, interrogazioni e compiti in classe, ora possono decidere del loro futuro. E a te luccicano gli occhi quando qualcuno di loro ti ringrazia per quello che gli hai insegnato durante l’anno scolastico, per la pazienza, per l’incoraggiamento, per il sorriso. Buona vita.

La risposta pronta

Avete presente quella risposta a una vostra domanda semplice, che lascia una cappa di gelo? Quando vi sentite di avere un punto interrogativo disegnato sulla fronte, perché credete di non aver capito bene? Quando rimanete senza parole? Ecco, a me è successo di recente. E devo dire che vorrei essere una di quelle persone con la risposta pronta. Una risposta semplice, intelligente e sarcastica. Invece me ne resto lì, avvolta da una cappa di gelo.

Vi racconto.

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Cosa porterai nel 2021?

Il 2020 è stato un anno a dir poco “particolare”. Una mattina mi sono svegliata dopo aver avuto un incubo. Avevo sognato che c’era una pandemia che aveva colpito il mondo e non si poteva uscire di casa. Mi sono svegliata e ricordo di aver pensato: “Meno male, era soltanto un sogno!”. Subito dopo ho realizzato di non averlo solo sognato ma che era quello che stavo vivendo.

Bisogna accettare la realtà che ci si presenta, fare del proprio meglio per risolvere le cose e andare avanti. In molti hanno dato la colpa al 2020, però non credo che sia colpa sua. Anche il 2020 avrà pensato: “Cosa? Una pandemia? Ma stiamo scherzando?”.

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Private Autumn Tour

È partito il Private Autumn Tour! C’era da aspettarselo, dopo il Private Summer Tour. Cos’è? Un modo simpatico per chiamare le presentazioni autunnali del  libro “Private – Venti giornaliste nel tempo sospeso” (Funambolo Edizioni 2020). Un libro scritto da venti giornaliste del reatino a cui ho partecipato con il mio contributo dal titolo “Sepúlveda, uno di noi”.

Ognuna di noi venti si è raccontata nel periodo del lockdown per uno scopo benefico: aiutare il Telefono Rosa, al quale vengono devolute le royalties.

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Tutti a scuola


Driiiiin! Si torna a scuola! Tutti pronti? Ormai lo sapete, sono una giornalista ma anche un’insegnante. Settembre per me rappresenta il momento di tornare a scuola, però dall’altra parte della cattedra. Era più divertente guardare la cattedra dal lato opposto. Mi sentirò sempre più studentessa che insegnante. Primo, perché non si finisce mai di imparare; secondo, perché sono sempre dalla parte dei ragazzi e cerco di capirli, di immedesimarmi nella loro situazione. Capiamoci: essere dalla loro parte non vuol dire non fare niente in classe. “Oggi siamo stanchi, vediamo un film?” è la frase di rito per convincerti a non fare niente. Sono dalla loro parte perché voglio che capiscano quello che gli spiego e che lo imparino veramente, non a memoria; e sono sempre lì per ripetere le cose, aiutarli, ascoltare i loro problemi e prendermi i loro rimproveri quando mi dicono che nel programma ci sono troppe cose. Non esiste “non ci riesco”, esiste “ti aiuto a riuscirci”.

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Private Summer Tour


Lo chiamiamo Private Summer Tour. Un modo simpatico per dare un nome alle numerose presentazioni che hanno seguito l’uscita del libro “Private – Venti giornaliste nel tempo sospeso” (Funambolo Edizioni 2020). Vi ricordo che le royalties vengono devolute al Telefono Rosa. Purtroppo sono riuscita a partecipare soltanto a uno di questi intensi incontri sul territorio ma sono vicina con il cuore alle mie compagne di viaggio.

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Private – 7 agosto

La pubblicazione del libro “Private – Venti giornaliste nel tempo sospeso” (Funambolo Edizioni) ha dato inizio a una serie di presentazioni in tutta la provincia di Rieti e non solo.

Vorrei segnalarvi la presentazione che si svolgerà il 7 agosto alle 18 a Poggio Mirteto (Rieti) in piazza Martiri della Libertà. Sarà un’occasione per ritrovarsi e sentir raccontare il libro dalle dirette interessate. E sì, ci sarò anch’io a raccontare la mia esperienza della quarantena come insegnante di lingua e letteratura. Purtroppo in quei giorni è venuto a mancare un grande scrittore, Luis Sepúlveda, che ho voluto ricordare attraverso le parole di qualcuno che lo conosceva. Non vorrei svelare troppo però…

Ricordo che i proventi delle royalties andranno al Telefono Rosa, che da anni aiuta le donne vittime di violenza. Questo libro, scritto e pubblicato da donne, vuole aiutare le donne.

Ci vediamo a Poggio Mirteto!